Letteratura degli anni ottanta (Scrittori nelle scuole, 1983-84)
a cura di Filippo Bettini Mario Lunetta Francesco Muzzioli
Edizioni Bastoni
L’antologia che qui proponiamo è il frutto dei due cicli dell’iniziativa “Scrittori nelle scuole”, organizzata, per le nostre cure, dall’Associazione Culturale SCRIMAT in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura e Pubblica Istruzione della Provincia di Roma.
Gli incontri hanno messo a contatto diretto negli anni 1983 e 1984 i più qualificati esponenti della letteratura italiana attuale con gli studenti delle scuole superiori di Roma e Provincia, che hanno così avuto l’opportunità di conoscere, seguire e apprezzare dal vivo il senso e alcuni momenti signjficativi della loro opera e della loro ricerca. Si è inteso offrire un ventaglio quanto mai largo e variegato delle tendenze letterarie in atto, secondo un’ottica intergenerazionale, rivolta sia al versante della prosa che a quello della poesia, e secondo un’articolazione tematica incentrata su tre questioni di grande rilievo e attualità, da cui hanno poi tratto il titolo le rispettive sezioni del programma: Lingua poetica e dialetto; Le donne dalla parte della scrittura; Tradizione e avanguardia.
Così facendo si sono voluti raggiungere precisi obiettivi di ordine culturale, didattico e critico-teorico, che ora costituiscono un punto fermo e una consistente base per un ulteriore prosieguo e ampliamento dell’iniziativa, e per l’eventuale e auspicabile nascita di iniziative consimili al di fuori della Provincia di Roma (se è vero che quella di “Scrittori nelle scuole” è stata già assunta a modello in altre regioni italiane, come il Veneto, la Liguria, l’Umbria, l’Abruzzo ecc.).
Ne è conferma tangibile l’apparizione stessa di questo libro: non solo destinalo in primo luogo agli studenti, ma anche progettato e realizzato proprio attraverso l’apporto determinante della loro collaborazione, esplicatasi nelle funzioni “provocatorie” del dibattito. E che esso sia la prima antologia poetico-narrativa degli anni Ottanta, è un risultato positivo che va equamente diviso con i nostri interlocutori, letterari e scolastici.
I curatori
ANNA MALFAIERA
Si ha l’impressione che il linguaggio giochi un ruolo importante nella sua poesia. In che modo nasce, dal punto di vista tecnico e strutturale la composizione dei suoi testi ?
(Una studentessa del “Quintino Stella”)
La mia scrittura compatta, incalzante nel suo procedere, ha una punteggiatura invisibile, corrisponde a un ritmo interno che si concede una sosta solo nel punto. È un dialogare continuo che risente della carica emotiva, un flusso trasmesso per bisogno di determinarsi nonostante le contrapposizioni dell’affermare e del negare. Il punto, solo segno visibile, corrisponde ad una pausa prolungata prima di proseguire nel discorso, valido, se considerato espressione di identità.
Questo implica una scelta di materiali: parole organizzate in blocchi compatti, in un verso esteso che spesso si risolve nel verso seguente in un denso intreccio di rime interne a significare l’accumulo delle cose, delle considerazioni, delle riflessioni, che non permettono alla scrittura esitazioni ed indugi.
DENTRO DOMESTICHE FUNZIONI
Pigrizia adattamento fanno il giorno monotono
mentre previsioni metereologiche annunziano
tempesta al nord pioggia sugli Appennini
e mareggiate lungo le coste dell’Adriatico.
Fuori il vento percuote le serrande
e avvolge l’intera strada e oltre
impietoso dissesta le scorie rende accorato
l’intrico delle cose appena manifesto sfigurato.
Disordine non è nel tempo nel suo decomporsi
scontra se stesso nel modo d’agitarsi accresce
le radici di protesta contesta l’inedia rompe
i circuiti con imprevista soluzione. Lo schianto
è dentro la tempesta. Noi incerti
nella direzione nell’imbarazzo delle contese
delle formule applicate ai numeri assommati
noi avvolti in moduli che non si evolvono
adattati al caso asserviti al percorso
più spedito contenuti in modo irrevocabile
nei conflitti dentro domestiche funzioni noi siamo
ne sono sicura obbligati a sostare in sale d’attesa
ATTRAVERSO DISTANZE
Non so se ancora suonano le querce
della mia fanciullezza ingrandite
nella fitta ombra di nuovi intrecci
e dietro sospeso un campo verde seminato
benché umido e freddo mai violato.
Assesto lo spessore riflesso e riflessivo
dell’area devastata sia essa mio cuore
o gelido pensiero nel sempre uguale
monologo in prima persona in misura
minore per bisogno per abbandono
per desiderio di festa nell’impossibilità
di spiegare il momento di raccontare
i motivi che stravolgono la vita
stupefacente povera struggente indefinita.
Le mie ore non hanno uguale durata
come misteriose compagne mi conducono
e si sperdono se non sono pronta a coglierle
se vado con loro con noncuranza e malanimo.
Quel che passa è occasione veloce
un bene inutilizzato. Un denominatore comune
lo affanna in rimozioni lo cancella.
Confondermi alle cose non è memoria
fredda ma volontà dell’animo schiarito
un’eco di suoni ricorrenti mi traccia
lungo la strada offesa dai veicoli
tra le voci che fissano presenze
oltre le imposte dove io non guarderò
in questo crepuscolo che non mi lascia.
L’orecchio capta anche la voce muta
se motivata dolorosa lievitata
nel rigore della necessità s’insinua
ingrandisce avvampa più volte mille
volte infinite volte rimandata
gridata raddoppiata nella sua eco.
Chiedo il calore di una bella giornata
non ho perso quest’ansia previlegiata
abbattuta e subito risollevata
mi espongo dalla vita reticolata
scompiglio il visibile di cui diffido
le incidenze che non consistono.
Per bere balzo presso la fontana.
Non dire che non servirà il viaggio
da ricominciare non ho intenzione
di scommettere mi basta la spinta
dell’intraprendenza e il conforto
d’altri esempi. Non dire che non servirà
non acconsento intendo me stessa
un complesso di stimoli che avvertono
quanto restrittivo è loro dato
e risoluti tentano d’accordarsi
fiducia. Chiarita attraverso
distanze reggo l’onda forte.
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