Anna Malfaiera

Approdi di un itinerario poetico

in Fermenti, 1994 n. 1 pagg. 27-32

 

 

Se dovrò tornare dove ero

non sarò più lì neanche.

Vivo per quello che mi basta

ma di me ho un senso molto più

remoto delle origini

di ogni avvicendarsii

 

 

Parole taglienti, versi lapidari, essenzialità linguistica sono i tratti stilistici che ben si adattano al mondo poetico di Anna Malfaieraii ai toni accesi di un discorso introspettivo sempre teso a smagare il volto delle cose.

 

La scrittrice marchigiana, attualmente residente a Roma, ha ritagliato il proprio spazio creativo tra le aree circoscritte del confronto-dialogo, interattivo-costruttivo, con le premesse teorico-critiche dello sperimentalismo materialistico allegoricoiii.

 

Agli occhi della maturità, infatti, le predilezioni giovanili per le valenze connotative del linguaggio dichiaratamente simbolico cedono di fronte alla indubbia vitalità del nesso tra le potenzialità comunicative, insite nella funzione estetica, intesa come libertà del gusto, e quello che è l’attuale orizzonte di pensabilità di una letteratura impegnata, di una parola fondamentalmente ispirata ai concetti di “materialità” e “contraddizione”.

 

Dai primordiali interessi per la poesia alle recenti aperture verso il genere teatrale, il percorso creativo della Malfaiera prospetta il ventaglio dei suoi significati nel contesto delle valutazioni e dei giudizi dei criticiiv, spesso emblematizzati dai premi letterari.

 

E intanto dire è il titolo della sua ultima raccolta di poesie che suona come definitivo atto di fiducia nel fare letterario e poetico: “Contro lo stesso mio cuore / contro le mura dei limiti irrecisi contro / ogni ragione contro le parole tu mi corrispondi / in casa per la strada lungo il viale / dove gli alberi grondano per il temporale”v.

 

Di fronte al trionfo repressivo e autoritario dell’economia di mercato, nel panorama postmoderno dell’attuale civiltà planetaria, ciò che è rimasto all’uomo e alla poesia è l’entusiasmo di chi ha ancora la forza di credere nel “poter essere” delle tensioni ideali.

 

Se la leggerezza e l’evanescenza paesaggistica riflettono le istanze espressive della primitiva vena lirica: “... / Del gabbiano che lontanissimo volteggia / a me giunge l’ombra sul mare / d’un azzurro intenso in questa trasparenza. / Mi giunge il fragore veloce dell’ondata, / la luce che mi spuma..."vi il clima plumbeo materico incolore dell’impronta stilistica, nella raccolta sopracitata, delinea il profilo specifico dell’approdo poetico della scrittrice: “Il mio paese ha il volto teso. I nuovi / fabbricati hanno ingoiato l’orizzonte / che mi apparteneva. Il mio paese / è affondato tra i monti come il calore / che ci scaldava l’un l’altro”vii. Infatti le intermittenze dell’etereo simbolico, la trasparenza cristallina della lingua, le tendenze all’armonia compositiva sono propri di una sensibilità artistica definitivamente tramontata. I percorsi sinuosi delle fantasie giovanili cedono al peso della consapevolezza esistenziale mentre la lingua letteraria si schiude progressivamente alla tensione del ragionamento: “E sorte di tutti perdere. Perdere è quando si rinuncia a colmare /il momento utile volendo desiderando / altre cose volendo desiderando di più”viii.

 

 Il linguaggio arido secco tagliente, articolandosi in maglie strutturali rigidamente concatenate, si protrae in una continuità densa e concitata, aliena alle pause paragrafematiche, alle soste strofiche, alla iteratività metrico-ritmica: “...Rivedo ancora le cose / ricomposte il focolare acceso il letto caldo / le provviste gli intonaci feriti dai chiodi /che battevano come se il muro non avesse cuore”ix.

 

Nella raccolta sopracitata la reificazione della parola letteraria, parallelamente all’azzeramento della distanza segno-significato, delinea il nitido profilo di un progetto estetico ispirato ad una ferma volontà di dialogo con l’ipotetica alterità del lettore.

 

L’avverbio “intanto” richiama l’idea del trascorrere inesorabile del tempo verso un punto terminale, verso il precipizio della atemporalità, verso il crepuscolo della fiamma poetica e nello stesso tempo evoca l’istanza oppositiva, l’urgenza del contrasto, la necessità di rallentare la corsa illuminando l’unico filo sottile di unione, di comunanza, di contatto, che sta nel “ponte” costruito dagli oggetti, dalla loro presenza concreta e tangibile:

 “...Sono / sono sono con il corpo intera/ la mente dietro il fatto crudo /frugar frugarsi frugarmi /...”x.

 

La raccolta delinea retrospettivamente le tappe fondamentali del suo itinerario speculativo e poetico in una chiave analitica e talvolta disincantata. Più ampio è, tuttavia, lo scandaglio introspettivo volto ad illuminare la stretta relazione tra le amare conclusioni del recente traguardo e i loro echi psicologici.

 

L’amore per la vita era alle origini naturale e spontaneo, era amore per la vita in sé puro e incontaminato, lontano da qualsiasi richiesta, libero dall’orgoglio del possesso:

 

“Il paesaggio immaginato prevale / nella dimensione rispettabile conclusa / da una dolce collina verdeggiante...”xi.

 

L’infelicità e il disamore obbligano invece alla richiesta di qualcosa che colmi la perdita subita, che compensi la mancanza contratta; la ragione diventa un’arma di lotta, uno strumento indispensabile per capire il mondo e per cercare un equilibrio armonico tra il singolo e la collettività: “...Via dal corridoio / opaco in cui ci costringiamo senza il coraggio / di dirigerci nel fondo anche se ignoto. / Pure nel gelo è il regno di avvenute cose / basta saperlo e preparati predisporci / altrimenti. Dentro un autunnale risveglio /dolorosa è la certa separazione / ..."xii.

 

L’impossibilità di stabilire il dialogo con una realtà che lo nega a priori costringe alla rivendicazione violenta e al definitivo crollo di ogni spiraglio di luce, al senso di deriva di una vita che sfugge a chi la vuole dominare.

 

Rivisitato in fase terminale nella sua ultima opera, questo è l’itinerario speculativo tracciato dall’intera produzione in versi nella sequenza prevista dall’ordine di successione cronologica.

 

Tralasciando però l’esplorazione del rigore logico consequenziale, in ambito strettamente testuale, i tratti della linearità progressiva accolgono le istanze iterative del pensiero in un articolato gioco ad incastri tra effetti statici ed effetti dinamici.

 

L’ansia conoscitiva urge al fondo della parola poetica: umile e assoluta essa trasmette la necessità di un discorso in grado di schiudersi alla essenza dell’uomo nel quadro di una attualità sempre più precaria instabile ed incerta.

 

L’invito alla lettura, implicito nella scelta di una lingua aperta ai valori della comunicazione e del dialogo, è allora un richiamo alla importanza della poesia quale esperienza essenziale per chi vivendo nella contemporaneità ha dimenticato il valore positivo della riflessione della interrogazione del dubbio.

 

I segnali di uno spirito ormai esausto favoriscono l’approdo alla identificazione dell'essere” come oscurità, perdita, solitudine, “non essere”:

“.../...La morte è dove / nessuno sa di essere morto. La morte / è dove non ha consistenza l’ombra”xiii.

 

Dopo aver vissuto gran parte della nostra esistenza ci voltiamo indietro e leggiamo il significato della vita presente attraverso il passato, ed il futuro appare come un progressivo andare verso la morte e il baratro: “Chi mi potrà spaventare? Stanno alle porte / stagioni invernali odore di foglie decomposte / la terra corrugata. Stanno alle porte giorni / esausti fino alla fine l’occasione che non si può / afferrare la realtà di eventi indecifrabili...” xiv

 

Apprendendo la natura crepuscolare della luminosità giovanile, attribuiamo a questo bagliore ormai lontano il volto delle nostre avventure intrise di orrore e meraviglia, di piccolezza dell’umana natura: “Se mi inoltro nei perché so che tutto / sarebbe stato anche senza di me......... “xv; ma allora c’è ancora tempo per convertire questa esperienza in conoscenza positiva, in forza di sopravvivenza, in “poesia della parola”?

 

Nell’ultima raccolta la valenza enigmatica di questo interrogativo accompagna in controluce il fluire della versificazione poetica; fertile nell’idealità del lettore è, così, la sottile ambivalenza di significati sottesa alla volontà di congedo che il poeta rivolge al senso della poesia e della vita, nell’ambito della dimensione storicizzata della sua opera.

 

 

NOTE

 

 i Da un inedito di Anna Malfaiera dal titolo "Momenti contesi"

 

 ii Anna Malfaiera è nata a Fabriano. Da molti anni vive a Roma, dove ha lavorato come dipendente del Ministero della Pubblica Istruzione, poi come insegnante, e dove tuttora risiede. Ha collaborato a numerose riviste letterarie ( La "Fiera Letteraria", " Galleria", "Il cervo volante", "Arte oggi", ecc. ) e ha pubblicato le raccolte di poesia "Fermo davanzale" (Padova, Rebellato, 1961), "Il vantaggio privato" (Caltanissetta, Sciascia, 1967 e 1970), " Lo stato d'emergenza" (Pollenza-Macerata, La Nuova Foglio, 1971), "Verso l'imperfetto" (Roma, Tam Tam, 1984), " E intanto dire" (Roma, Il Ventaglio, 1991). Di recente pubblicazione è l'opera teatrale dal titolo "27 Rue de Fleurusse" (Roma, Il Ventaglio, 1992).

 

iii Cfr. R. Luperini, "L'allegoria del moderno", Roma, Editori Riuniti, 1990; F.Bettini e F. Muzioli(a cura di), "GRUPPO '93. La recente avventura del dibattito teorico letterario in Italia", Lecce, Piero Manni, 1990; F. Bettini e R. Di Marco, "TERZA ONDATA". Il Nuovo Movimento della Scrittura in Italia", Bologna, Edizioni Synergon, 1993.

 

 iv (4) Cfr. L. Luisi, “Antologia poetica”, in “Letteratura”, n. 33-34, 1958; A Pupino, “Points de Vue”, in “Prospetti”, n. 8, 1967; I. Tognelli, “Una poetica per infinite dimensioni”, in “Prospetti”, n. 10-11-12, 1968; G. Barberi Squarotti, “Rassegna Poesia”, in “Letteratura”, n. 93, 1968; A. Frattini, “Poeti d’oggi a confronto: Luisi Malfaiera Pierro”, in “Quaderno di arti e lettere”, n. 1, 1969: A. Giuliani, “Nuove poesie”, in “Il Verri”, n. 2, 1973; G. Niccolai, “Lo stato d’emergenza”, in “Tam Tam”, n. 6-7-8, 1974; F. P. Memmo, ‘interazione dubbio interrogazione in alcuni testi recenti”, in “Galleria”, n 6-6, 1974; A Giuliani, introduzione a “Verso l’imperfetto”, Tam Tam, 1984; A. Giuliani, “Un vaso galleggia sull’acqua: Antonio Porta, Nico Orengo, Anna Malfaiera”, in “la Repubblica”, 13 luglio 1984; M. Lunetta, “Per un’ipotesi di scrittura materialistica. Una poesia disseminata e compatta”, in I. Vicentini (a cura di), “Colloqui sulla poesia. Le ultime tendenze”, Roma, E.R.L, 1991; G. Niccolai, postfazione a “E intanto dire”, Roma, Il Ventaglio, 1991; F. Muzzioli, “Proposte di lettura”, in “L’immaginazione”, n. 93, 1992; G. Maramieri, “La voce raccoglie i cocci”, in “Noi donne”, n. 6-7-8.

 

 v A Malfaiera, “Una resistenza inamovibile”, in “E intanto dire”, Roma, Il Ventaglio, 1991, p. 25, w. 23-27.

 

 vi “Primavera girovaga”, in “Fermo davanzale”, Padova, Rebellato, 1961

 

vii “lI mio paese ha il volto teso”, in “E intanto dire”, cit., p. 66, vv.

 

viii “È sorte di tutti perdere”, in op. cit., p. 40, vv. 1-4.

 

 ix “lI trasloco”, in op. cit., p. 77, vv. 5-7

 

x “Il fatto crudo”, in op. cit., p. 75, w. 11-14.

 

 xi “lI paesaggio immaginato prevale”, in op. cit., p. 70, w. 1-3.

 

 xii “Una resistenza inamovibile”, in op. cit., p. 72, vv. 40-46.

 

 xiii “La morte è stasi obbligata scoglio”, in op. cit., p. 61, v’i. 5-7.

 

 xiv “Chi mi potrà spaventare”, in op. cit., p. 19, vv. 1-5.

 

xv “Se mi inoltro nei perché”, in op. cit., p. 41, vv. 1-2.