Da: L’AVVENIRE D’ITALIA

22/9/1968

Poesia

Amaro vivere dell’uomo in città

Carlo Antognini

 

Una osservazione attenta e pensosa delle cose, in rapporto al proprio mondo interiore, animava la prima raccolta di versi dl Anna Malfaiera “Fermo davanzale” (1961), che era di una misura singolare anche nell’ espressione del dolore. La prima cosa che si nota ora leggendo “Il vantaggio privato” (Ed. Sciascia 1968) — Il libro che raccoglie le poesie camposte negli ultimi cinque anni - è la progressiva liberazione da ogni residuo elegiaco-sentimentale. Probabilmente ciò va ascritto, oltre che ad una maggiore oggettivazione del linguaggio poetico, alla capacità quasi naturale (diremmo ontologica nella nuova generazione di poeti) di evitare, e quasi di non riconoscere più, sentimento e elegia: il crudo realismo, infatti, mescolato con la meccanicità del referto sociologico, toglie ogni possibilità al sentimento di presentarsi come tale, fuoriuscendo soltanto in qualche cursus di fine verso, come una nuda citazione se stesso.

Ne “Il vantaggio privato” la Malfaiera illustra, con intensa partecipazione, il meccanico dinamismo della vita nella città industriale, nei mostruosi agglomerati urbani, fra strade, case, muri che trasudano angoscia. Un luogo, come si vede, non idilliaco — anche se un poco, in fondo, amato —, e dove le varie figure che lo popolano, in una sovrapposizione di solitudini, sono viste come manichini senza vita:

“ Gli edifici e le strade le auto i passanti / l’organico movimento dell’allinearsi e dall’urtarsi / sulle strisce pedonali e sui marciapiedi... / Il tempo continuativo tollera la nostra eccitazione / Il rumore versato uguale a quello dalla fontana /le scritte cubitali il cartellone che ci reclamizza / tollera gli anni di noncuranza la bivalente verità / la miseria gli uomini restituiti alla violenza / l’incompatibilità la solitudine”.

In questi versi la città si riduce talvolta a una vasta cornice entro cui si svolge la storia di una quotidiana rinuncia, di una dura e tormentata vicenda umana, di cui la sua poesia è il fedele diario, l’ininterrotta e dolorosa testimonianza : “ Succede dl ‘vivere nel caso di ingiusta/proporzione di resistere nella stretta/ vita a dispetto della negazione / della decomposizione delle immagini di cosa e cosa. /Per mancanza di passione gli altri / segnalano l’inerzia i sensi in astrazione / sono un’ombra di possibilità destinata / a fallire i libri si consumano in rapidi entusiasmi / si inventa l’ultimo balzo della tigre nel cerchio rovente. / Ma l’uomo e le sue rabbie non si estinguono / unica certezza che non detesto”.

Ma a pensarci bene che cosa è per questa poetessa il male di vivere? Niente altro, come si diceva, che la sua storia umana: la costante e insieme fluttuante monotonia del vedersi vivere come tanti altri, nella consapevolezza, di un vuoto interiore la cui tenebra è generatrice di mostri. Di qui, una lacerante sofferenza e una disperata invocazione versa una vita vera e umana. In questa prospettiva il paesaggio urbano perde tutto il suo incanto, e pare come indicibilmente fissato attraverso un vetro di lucida e implacabile disperazione.

Il verso prosastico e sicuro, l’estrema oggettività, sono il segno dl distinzione di questa poesia che non presume più di quello che può (e vuol) dare: senza voli, ma senza cadute. Feroce nel giudicare il grigio mostro dell’uomo moderno convenzionale e cloroformizzato, la noia dei giorni d’ufficio, l’albagia delle nuove classi neocapitaliste, la piccolezza impotente. Sempre pronta a portare avanti una sua (blanda nel termini, implacabile se si guarda in profondo) polemica che a noi risuona così viva, in un contesto tutto senza rilievo,, senza particolari effetti, valida perciò in toto, complessivamente. Di una poesia così ammiriamo l’adesione più vera ai giorni, il procedere su una linea di sensibilità morale, non puramente formale, anche se a conti fatti, qualche novità formale c’è pure, ad esempio in vocaboli e toni felicemente desunti dal linguaggio aziendale. La Malfaiera appare dunque matura, eticamente preparata a contestare gli aspetti negativi in un mondo in divenire, in cui ella si evidenzia come una struttura portante.

 

Carlo Antognini