Presentato a Fabriano il nuovo libro di Anna Malfaiera "E intanto dire"

 

 

Anna Malfaiera: una poetessa

 

 

Amarissimi odori d'amaranto

Nodi, chiodi incertezze acuminate,

Nettare sulle foglie dell'acanto

Aizzano tue voci incarcerate,

Mordere il freno è un'arte che t'intriga,

Anna, febbrile fabbro fabrianese

Lungo il verso ch'è teso come spiga

Finchè l'ansia non lascia la sua presa,

Abbattuta la tenebrosa diga,

Indignata col Nulla ed a te irosa,

Esigi che risposte positive

Rendano grazia là dove convive

Alleata la spina con la rosa.

 

(Mario Lunetta)

 

 

Perchè proporre una poesia (di Mario Lunetta ad apertura di una cronaca che ha per oggetto un libro di poesie di Anna Malfaiera?

 

Semplicemente perchè se è vero che il testo ‘non è” della Malfaiera, è altrettanto vero che esso “è” la Malfaiera. L’acrostico coglie e sa comunicare, con la forza del testo poetico, i caratteri dell’opera e della persona come meglio non si potrebbe. E quanto segue potrà puntualmente, ad ogni giudizio, essere riferito ai versi in apertura.

 

Sabato 5 dicembre, nella sala convegni di S. Domenico, ha avuto luogo la presentazione dell’ultimo libro di poesie “E intanto dire” di Anna Malfaiera, nostra concittadina residente a Roma. La manifestazione è stata voluta dall’assessore alla cultura del Comune, Roberto Sorci, che nel suo intervento ha appunto sottolineato di voler rilanciare l’attività culturale fabrianese, facendo conoscere o, meglio, ri-conoscere le capacità dei “figli di questa terra”.

 

Giancarlo Castagnari, Diretto della Biblioteca Comunale, ha aperto i lavori porgendo un affettuoso saluto alla Malfaiera (di cui ha ricordato le radici profonde che la legano a Fabriano e, insieme, l’altezza dei risultati poetici) e presentando nell’ordine i relatori: il prof. Fabio Ciceroni, Assessore alla cultura della provincia di Ancona, Mario Lunetta, critico e poeta, Filippo Bettini, docente all’Università “La Sapienza” di Roma.

 

A mio parere, si è respirato un clima in cui il lavoro critico non era di “dovere”, ma, se possibile, la continuazione, in luogo pubblico, di ragionamenti che appartengono alla sfera privata dell'amicizia, alla frequentazione direi quotidiana, ad autentici interessi rivolti al fare poesia e al senso detta stessa, oggi. Lunetta è, ad esempio, poeta, ma anche curatore di collane, così come Bettini è critico militante, sensibile alle contemporanee voci di poesia. E il pubblico, attento, deve aver colto questo clima particolare.

 

Il prof. Ciceroni apre il suo intervento ricordando di aver presentato anni fa la seconda delle raccolte della Malfaiera: di fronte, oggi all’ ultimo testo poetico può ben dire che l’autrice, sin da allora, aveva maturato le ragioni esistenziali e poetiche in una forma destinata a rimanere.

 

Ciceroni enuncia giudizi e termini che saranno poi ripresi e più articolarmente illustrati dai relatori successivi: ma già c’è intera la qualità poetica della Malfaiera:

 

la sua opera rappresenta “una condizione esistenziale espressa in termini perentori’; si notano l’assenza di lirismo, delle immagini e la ricerca di un'espressione dura, segno di chi e “assillata dalla disperata ricerca di certezze”; le liriche-non liriche sono (come anche ebbe a dire Alfredo Giuliani) “frammenti di pietra”, all’apparenza levigati tanto da sembrare scostanti e inafferrabili. Eppure “la parola si gioca con tutta l’umanità di chi scrive”; ”più il reale si cerca e più sfugge” ed emerge “un sentimento ragionato per paura, quasi, che quel sensibile possa dare risposta’’. Risalta una solitudine accorata, in cui il soggetto parla con se stesso. Quella della Malfaiera è una delle “parole più aderenti al nostro vivere, impaurita, e perdutamente innamorata della  vita”.

 

La tensione esistenziale della scrittura, rilevata da Ciceroni, ritorna, oggetto dell’analisi di Mario Lunetta. Il critico sottolinea la coerenza tematica e stilistica dell’autrice:

la sua poesia non è lirica (intendendo per tale l’espressione immediata dei sentimenti ) non indulge al compiacimento.

 

Nel processo della scrittura si assiste alla concentrazione del dato "sliricato", mentre il testo acquista un'identità facilmente e costantemente riconoscibile: andamento disteso del verso paratassi insistita, forte taglio dei nessi (per cui l'opera, sottolinea Lunetta, si libera di una "bava di post-ermetismo" presente nei versi della prima opera).

 

Eppure il dato soggettivo non manca, ma nella poesia di Anna Malfaiera esso appare in maniera particolare : si pone e si nega, è epigrafico, straniato: “come se l’autrice parlasse in terza persona e avesse un interlocutore con cui instaturare una dialettica serrata”.

 

La resistenza a riconoscersi nella parola, la continua interrogazione fanno sì che la parola " le appartenga a distanza" e che si instauri quasi un "gioco bellico" dove la metafora sta a significare il tono ragionativo, polemico, mai consolatorio, che rimanda ad una lirica attestata nella nostra letteratura.

 

Da Leopardi all’ultimo Volponi.

 

Lo stesso Lunetta, in un intervento critico precedente, ha parlato di neol.....? Richiamandosi ad altri suoi giudizi, espressi nel tempo, sull'opera della Malfaiera, Lunetta volutamente ne da lettura, la parola, per stralci, per cogliere la coerenza di temi, di forme, di atteggiamenti che contrassegnano l'opera della poetessa fabrianese dalle prime alle ultime prove, e insieme, per dare conferma della bontà del metodo critico.

 

Abbiamo una struttura del testo "gabbia ferrea e petrosa", la presenza, che subito colpisce, di un disegno spaziale, tale da legittimare il termine di "piccolo fortilizio", un verso lungo dall'andamento discorsivo, "poematico" ma "franto dentro", "nei suoi nervi tesi", che niente concede all'elegia ma è sentimento contratto.

 

Dal "Vantaggio privato" ('67) allo "Stato d'emergenza" ('71) a "Verso l'imperfetto" ('84) fino alla raccolta, che viene presentata, "E intanto dire", sempre emerge "una logica stringente che tiene al guinzaglio il sentimento": per tutte le raccolte vale la definizione di "poesia mentale". Tale fisionomia è colta e ribadita, tra gli altri, anche da Giulia Niccolai, poetessa tra le più significative del nostro tempo, che nella post- fazione a quest'ultimo testo definisce la poesia della Malfaiera e la colloca in atteggiamento di rifiuto e di resistenza al "costume furbesco e servile" della letteratura del panorama contemporaneo

 

Lunetta conclude il suo intervento con notazioni più propriamente stilistiche, che ribadiscono la visione del inondo: i titoli non solo esprimono il senso del libro, ma segnano una costante emozione; i tempi verbali (privilegiato il presente) indicano come il non pacificato interrogare si eserciti costantemente, come atto del vivere, nel quale lo stesso passato viene rimesso in gioco e ridiscusso, con una problematizzazione che niente risparmia; la sintassi (paratattica) materializza, nel suo scarso fluire, il rifiuto alle facili risposte; l’uso degli infiniti è ricorrente, quasi che la Malfaiera si costruisse degli ostacoli.

 

Soluzioni strategiche, tutte, che fanno la forza della poesia. Lunetta ritiene che questi versi, che non si accattivano il lettore, ma anzi lo respingono e gli impongono “un dialogo serrato e difficile’’ si tino tra i più al ti meriti della Malfaiera, oggi che la poesia è tornata a perseguire l’autoconsolazione e il ripiegamento su se stessi. E conclude con la lettura dell’acrostico che apre il nostro articolo.

 

Il prof. Bettini nell’ intervento finale, riprende e sottolinea i rilievi critici emersi dalle altre relazioni e specifica ulterioriormente.

 

Significativo gli appare il “connubio di spina e di rosa” dell’acrostico; vi prendono corpo le due componenti, di “speculazione” e di ‘‘rovello interiore’’, da tutti riconosciute come fondamentali nell'opera di Aiuta Malfaiera.

 

Lavorando su di esse, Bettini ne sottolinea la presenza simultanea e l’interazione, che si traducono in forza, intensità, polivalenza della scrittura. Sulla parola, dunque. si sofferma il critico e sostiene che le soluzioni formali non siano un'adeguazione al pensiero, ma esse stesse diventano materia di riflessione.

 

Non si coglie la poesia delta nostra autrice se se ne trascura il momento definitorio, inteso in senso etimologico: la Malfaiera, infatti, “delimita dei tracciati”, oggettiva le sue esperienze, “fa vivere le definizioni come istanze di vita” e le sottopone di nuovo all’interrogazione.

 

Ecco perchè la parola, l’atto dello scrivere, la riflessione sulle ragioni del senso della propria scrittura fanno un tutt' uno con le ragioni della vita: e prendere la parola (“e intanto dirsi”) significa pronunciarsi stilla situazione di stallo, di crisi che investe oggi la nostra società.

 

Anche perchè il vissuto è sempre dato di partenza per interrogativi più ampi. Bettini giudica esemplari, al fine di cogliere l’autoanalisi condotta sul senso della propria scrittura, i testi che, nell’avvio, così suonano “Non ho mai saputo perchè mi ostino a scrivere”, “Sento d’essere simile ad un progetto narrativo" .

 

L’esigenza della riflessione, dunque, anche per Bettini trova corrispondenza nelle soluzioni formali di una poesia antilirica, dove, tanto più sono presenti le ragioni della prima persona, tanto più è fermo il rifiuto all’abbandono.

 

Interessanti le osservazioni sul ritmo, sulla musica interna dei versi. In un contesto in cui il sentimentalismo viene negato, il ritmo è musica amelodica, non cantabile e si sviluppa liberamente, ora scandito come nella metrica classica quantitativa, ora forte, netto, con cesure da epigramnma. ora narrativo, specialmente nell’attacco dei testi, fitto alla perentorietà della battuta teatrale.

 

C’è un rapporto tra questa poesia e l’origine marchigiana di Anna Malfaiera? Bettini ritiene di sì, precisando di intendere la “marchigianità” in senso antropologico. come memoria bio-storica di sangue che si deposita nei gruppi regionali:

quella traccia che rimanda, sia pure in forme complesse, ad alcune tipologie di fondo.

 

Quattro sarebbero i tratti di ascendenza marchigiana: la tendenza a fondere il momento pubblico e quello privato, che, se è tipico di altri, nella nostra regione lo è in particolare.

 

Si pensi a Leopardi, all'ultimo Volponi ; la radicalità del ragionamento, senza alcuna autoindulgenza: il far scaturire la complessità del pensiero dai fatti più elementari e quotidiani dell’esistenza (tratto tipicamente marchigiano); la spinta a vivere intensamente il rapporto con la terra, il paesaggio, ma allegorizzando: il dato materiale è segno di realtà più ampie.

 

La Malfaiera, dunque, spinge la sua ‘‘autoanalisi" a tale grado che solo certa poesia marchigiana può conoscere”.

 

La lettura di alcuni componimenti, recitati dalla poetessa con forte espressività, ha coronato la presentazione (dei relatori: e il testo poetico, alla fine, ha parlato da solo, imponendosi con la suggestione della “sua” parola, con la forza della “sua” struttura.

 

                                                                                       Adria Calcaterra Profili

 

 da: IL PROGRESSO n. 3/92 pag. 3