Dall’articolo: Donne e poesia marzo 1991

 

Il nostro collaboratore Gaetano Pampallona, stimolato dall’appello di Anna Maghi apparso nello scorso di Comunità, prende lo spunto per parlare di donne e poesia.

«L ‘8 marzo è più ed oltre che una data celebrativa. L ‘universo femminile conta le tappe della sua emancipazione: gli avvenimenti, ma anche gli obiettivi non raggiunti, sul piano internazionale ed interno.

È di recente pubblicazione, per le Edizioni «Il Ventaglio» di Roma, una raccolta di poesie di donne di tutti i paesi d’Europa, dell’ovest e dell’est. Ve ne parlo cogliendo dell’antologia (dal titolo «Europa in versi - La poesia femminile del ‘900) i passaggi in cui più accese sono le conflittualità e le rinunce, le sfide e le vittorie».

È senzaltro ipotizzabile una storia sociale della poesia in quanto la poesia è il tema privilegiato di inestricabili privatezze che, a un tempo fragili e tenaci, intervengono nella realtà per scandagliarne gli abissi, coglierne le contraddizioni, fissarne le laceranti inadeguatezze. Quindi non si tratterà di disegnare una cronologia critica di itinerari linguistici che, nel gioco dei conflitti e delle estasi, delle sublimazioni e delle rivincite, espongono combinazioni, ritmi e immagini di mera valenza estetica, quanto piuttosto di analizzare fatti espressivi che rapportino sofferte intimità a solitudini e sottomissioni di grossa ascendenza collettiva.

La possibilità di configurare una storia della poesia in ambiti come questi e cioè come riflesso di molteplici rapporti umani è presente nella poesia della donna che, in questo scorcio di secolo specialmente, in coesione con lo sviluppo dei movimenti e come impulso di umore che largamente incidono su conflittualità e questioni di non solo uso letterario. Non che siano aboliti stilemi e rappresentazioni per una opzione di riscatto (chè anzi la poesia al femminile ricostruisce puntualmente rapimenti emotivi in più intrigate figurazioni), ma certamente è ora più intensa una scrittura che per opposizione avanza insospettate spregiudicatezze e svelamenti nel limite di estreme rotture. E si tratta appunto di assunti che impegnano il sociale e il privato in codici di specialissimo significato tra la sfida e la rinuncia, e il furore.

Europa in versi - La poesia femminile del ‘900 a cura di Luce D’Eramo e Gabriella Sobrino, entrambe fini poetesse, comporta valutazioni del genere che si è indicato, perché puntuale ed intelligente è stata la scelta di autrici che dal Portogallo alla Gran Bretagna, da Malta all’URSS, rimescolano vitali ardimenti e visionari affetti secondo intermittenze allusive e coerenti di responsabilità. Ed è sul filo di preferenze di tanta impalpabile intellettualizzazione che è consentito un discorso critico di serratissimi confronti. A partire da quella differenza di liricità che nel verso femminile è della più abbandonata invenzione in cui pulsioni ed ombre, presagi e improvvisi, avvertono di una smaniata indicibilità che non è l’inedito perché v’è assegnata qualcosa di «ulteriore e di altro». Ed allora ci si sente davvero «soli nei gusci» o «quando di notte si incrociano i richiami» (Sarah Kirsch) oppure «occhi in agguato voraci» (Angela Figuera Avmerich). Tanti di questi versi magistralmente raccolti ci conducono in essenzialità e magnetismi ed ivi le sfumature sono già interpretazioni e scatti per identificazioni dalle spese più dure. Ed è anche assunto tanto spazio che abolisce il tempo, spazio di canto d’una impietosa sfinitezza che sconta tutte le passioni.

Perciò troviamo anche viva cronaca con reclami di obbligate presenze e con puntiglio di rendiconto dal mio al tuo, per così spazzare senza mezzi termini smemoratezze e arcaiche dimissioni. La poesia della donna - così come è compendiata in questa antologia - appare quale altalena che avvicenda vocalità e stridori, malesseri e tentazioni con punte di soprassalto per divisioni, ruvidezze, rimuginamenti, panico. E si arriva appunto a un margine ove il panico non è più in contesa col desiderio e la delusione non più avanzata dal compatimento; così le tenerezze si cambiano in decisioni, le catene in liberazioni. Si tiene e non si tiene per l’apriori dell’entusiasmo perché spessissimo urge l’accadimento, il cammino, il farsi di un razionalismo-naturalismo non più degradato.

Altre ancora sono certo le considerazioni critiche che suggeriscono tutte le trame raccolte dalla D’Eramo e dalla Sobrino, ma le lasciamo alla sensibilità del lettore perché, come sempre ed anche qui, la parola scritta è un inizio che vuole la prosecuzione sulla linea di tutte le altre parole di cui è capace il lettore stesso.

 

 

 

Gaetano Pampallona