ZETA
Paolo Guzzi
Febbraio 1992
ANNA MALFAIERA, e intanto dire, Il Ventaglio Editori, Roma 1991
Il settimo volume della collana la Camera Rossa, diretta da Mario Lunetta, raccoglie poesie di Anna Malfaiera con una postfazione di Giulia Niccolai.
La consapevolezza, la contraddizione volontarìa e necessaria, la materìalità della scrittura che sono il blasone della collana, corrispondono appieno al fare poesia di Malfaiera, al suo percorso sorvegliato, attenta al Sé profondo, rnediante un linguaggio aspro e senza “aura’. Il rigore dell’osservazione, il sentirsi ed il vedersi vivere incessantemente, 1’ ascoltarsi “dire”, sono in Malfaiera necessità e dovere, rnilitanza morale e quindi politica di essere umano che vuole partecipare, senza gridare, il proprio andare” verso 1’imperfetto”, come è il titolo di una sua racco1ta del1’84.
Nella prefazione a quella raccolta Alfredo Giuliani individuava gli ascendenti di Malfaiera nel primo Cardarelli , nel Bacchelli dei Poemi Lirici, nel Boine dei Frantumi, autori però asciugati da ogni lirismo, “ridotti all’‘osso”. Senza orpello ré irmmagine metaforica, la poesia di Malfaiera è accostata anche al Cacciatore de La Restituzione, da Giuliani, i1 quale rileva cane Malfaiera ne conservi ”l’energia del tono e l’evidenza del processo menta1e”.
Poesia colta, quindi, quella di Malfaiera, rna senza ostentazione, senza evidenti citazioni, senza ammiccamenti culturali buoni per pochi addetti.
Dal primo libro Fermo davanzale a Il vantaggio privato, attraverso Lo stato d’ emergenza da Verso 1’imperfetto sino a questo e intanto dire , che ottiene il premio Orient Express ‘91 per la poesia, l’itinerario di Malfaiera è un viaggio accanto alla propria vita, dentro alla sua vita, un viaggio come riflessione filosofica o meglio, come ”rneditazione”, secondo quanto osserva Giulia Niccolai.
Una meditazione fattiva che non si conclude in se stessa, che non si è sufficiente, che non si chiude nell’esperienza totalizzante, ma che avverte la necessità tutta europea ed occidentale di ” uscire” ’per trasformarsi in vita quotidiana e in ricerca,per quanto possibile di spiegazioni.
La quotidianità della vita è 1’ avventura di Anna ed ella è l’opposto del poeta di Apollinare, che cerca “ovunque l’avventura”. Malfaiera osserva e ci osserva dunque attraverso una riflessione consapevole di cui avverte la necessità inderogabile, di cui però non stabilisce se non alcuni punti fermi, che ella condensa in definizioni. Il viaggio della vita si affianca al dire, intanto, quello che c’è da dire; quindi (sottindente Malfaiera) si vedrà.
Malfaiera dunque da indicazioni di percorso a coloro che volessero affrontare oggi il difficile cammino esistenziale in poesia. Un cammino possibile a patto che grande sia rigore della proposta, che si sia costantemente attenti ad evitare le tentazioni della memoria, ma che anzi, si abbandonino i ricordi depurandoli della nostalgia e facendoli divenire, nota ancora Niccolai, esperienza di vita e, direi, esperienza di poesia.
Nel panorama di molta poesia italiana contemporanea, denso di rappels a l’orde, di ritorni al Soggetto poetante, al lirismo più compiaciuto, al sentimentalismo da telenovela, è raro trovare chi si sappia esprimere, in prima persona, come fa Malfaiera, dando l’impressione di parlare di un altro, mentre succede il contrario.
Malfaiera riesce a parlare di sé con distacco, anche quando Io diventa Tu e talvolta Noi, senza apparente coinvolgimento. Malfaiera non è solita usare immagini, di cui avverte la grande pericolosità ed anche la tentazione, superata, ma ci offre tuttavia, nel complesso del suo testo un’immagine totale, grand’angolare che si allarga in metafora ed in allegria.
Straniamento e transito, sensazione di trasloco e di provvisorietà, si comunicano a chi legge attraverso una versificazione rigorosamente cadenzata ed un periodare privo di virgole con una precisa distribuzione del punto. Il suo “ sentire” ogni testo come un oggetto solido, pesante, con una sua forma anche visiva, si accampa nello spazio geometrico, poligonale, una sorta di stanza del ghiaccio ove il mondo animale e vegetale è spesso assente o in secondo piano, mentre prevale l’osservazione mentale che rimbalza ossessivamente come la palla durante una partita di squash indoor, una partita con il lettore, ma anche con le pareti rigide del luogo chiuso che rinviano costantemente al giocatore.
Nello stupore attonito dell’osservatore di una realtà che non le si adatta, Malfaiera medita leopardianamente ”sulla vita e sul tutto”. Tale meditazione è fruttuosa di risultati che si evidenziano nell’enunciazione di verità che appaiono nel verso, formano il verso, se ne dipanano come folgorazioni, come intuizioni che sono però il portato di una diuturna domanda sull’essere... Quindi ”vivere è un comando obbligato” (così il bell’incipit del libro), e “saper vivere/è una smania alimentata da speranze illusioni/ piaceri colti al volo protesi incauti./”.
Nel proseguire della vita ”né lunga nè breve”, il momento del bilancio si intorpidisce nel ”gioco delle parole”, nella ipersensibilità per il dolore che raggiunge perfino le capsule devitalizzate dei denti, per una volontà “tenace” di complicarsi l’esistenza, per un”inconscio desiderio di tragedia” L’ostinazione nella scrittura diventa quindi un’ ostinazione della scrittura, una volontà determinata del fare, del non fare, anche, per cui Malfaiera procede per accumuli ci aggettivazioni rese ancora più incalzanti dall’assenza della virgola, in un universo di suoni, di stridii, di brusii (” A volte il grido appanna la paura svia/il colpo che mortale uccide. A volte./”.
I “perché” di Malfaiera sono molti ed incessanti. Le risposte sono sempre nell’assenza (”mi sembra di essere assente”) nell’avvertire la nostra superfluità, l’inutile, il vuoto che con la loro onnipresenza occupano spazi di sensibilità, di dolore.
Il corpo esiste nell’inevitabile lotta con la mente, continuamente messo in discussione senza cedimenti: è questo il sarcasmo di Anna.
Paolo Guzzi
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