Da: Kr 991 Rivista dei testi e delle immagini NUMERO TRE MAGGIO-OTTOBRE 1992
articolo: Palmery, Paladini, Malfaiera, Linguaglossa: CONCERTO PER SOLISTI (O dell’oscuro senso del poetare)
Autore: MIRO RENZAGLIA. pp 61-62
Ancora su un altro canale ideologico, si colloca E intanto dire1 di Anna Malfaiera. Qui il «linguaggio interiore» diventa meditazione laica, lontano dalle aspirazioni esoteriche di Palmery e da quelle, sia pure di segno opposto, di Palladini.
«... I versi — della Malfaiera, scrive Giulia Niccolai nella delicata postfazione — hanno un ritmo cadenzato e spesso si risolvono per cesura nel verso seguente formando un “incastro” perfetto di rime interne e di concetti...» (il corsivo è nostro):
Il gatto graffia il gatto dalla coda
mozzata non sa se saltarmi in grembo
neanche salta sul cuscino rosso della sedia
come al solito stasera io inquieta ed esso
con me non si spiega che cosa ci vieta
d’intenderci come altre sere serene.
Il «pensiero poetante» si snoda in un susseguirsi di figure verbali annodate da nessi d’impianto razionale.
Non ci sono né lo sregolamento dei sensi notturno e artificiale di Palladini, né le connessioni occulte di Palmery.
Il linguaggio è piano. La riflessione è lenta, metodica, continua ma spiralicamente entropica. Conduce cioè al centro oscuro del poema, non al suo esterno. Il «rovello» dell’autoriflessione guida verso il nocciolo insondabile della natura dello scrivere.
Il canto resta chiuso («trobar clus») e non sposta l’attenzione del lettore verso verità altre dal carattere tipografico della pagina: e lì si concentra, anziché dissiparsi in un altrove diverso dalla propria enigmatica volontà di scrivere:
…
Amo la tregua dello scrivere non considero le ragioni che lo provocano.
Non ho veri strumenti.
Soppeso lo stupore che mi causano le regole e i loro artifici.
Stupore che coinvolge il mio essere imprevista.
Una pratica che non so definire se di fede o finzione.
Pudore è farsene gioco.
Un equivoco l’indagare.
Meglio non sostare riflettere non presagire e intanto dire.
«...Non ho veri / strumenti...», dice il poeta. Ma voi non credeteci: Anna Malfaiera sa dove e come colpire per alzare il tono della sua meditazione laica.
Ed è ancora nel segno dell’anafora imperfetta
che il concetto si esalta:
Sentivamo di dirlo
ti sentivi
mi sentivo
pensavamo di dirlo
lo pensavi
lo pensavo
urgeva dirlo
ti urgeva
mi urgeva
credevamo di doverlo dire
lo credevi
lo credevo
pareva che andasse detto
ti pareva
mi pareva
occorreva che lo dicessimo
ti occorreva
mi occorreva
dovevamo dircelo
dovevi dirmelo
dovevo dirtelo
esitavamo a dirlo
esitavi
esitavo
ci avvedevamo di non potere
ti avvedevi
mi avvedevo
dicevamo altro
dicevi altro
dicevo altro
rinunciavamo a dirlo
rinunciavi
rinunciavo
Sentivamo pesavamo urgeva credevamo pareva occorreva esitavamo potevamo ci avvedevamo non dovevamo- dicendo altro- rinunciare a dirlo.
1 Anna Malfaiera, E intanto dire, Il ventaglio, 1991
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