A dieci anni dalla scomparsa, la grande eredità di Anna Malfaiera
L'immortale forza dei versi
A dieci anni dalla scomparsa, ci piace “entrare” nel ricordo di Anna Malfaiera (nella foto) attraverso le parole - ritratto di una sua amica poetessa, Maria Jatosti: “ infine lei, l’indimenticabile Anna, tanto indimenticabile che ho voluto inserirla qui (in un’antologia poetica, n.d.r.) come se fosse ancora tra noi, con la sua presenza gentile e brusca insieme, icastica e schiva insieme, con la sua scrittura secca, ferma, a volte irosa di sdegno civile, geometrica e appassionata...
I poeti non muoiono, a patto che non li si dimentichi, non li si cancelli, non li si riduca a rituali celebrativi svuotati di ogni anima”. Parole, queste, che vorremmo fare nostre perché si prestano al senso che intendiamo dare alla rievocazione.
Quello di Anna Malfaiera è un ricordo che si affaccia vivo nelle persone, di lei come donna, di lei come scrittrice, dei suoi testi, oggetto di tesi di laurea e, ancora recentemente, raccolti in antologie. Nei ricordi della sottoscritta c’è una giornata svoltasi a Verona nel novembre 1998 presso i locali della Biblioteca comunale (Anna era scomparsa da quasi due anni).
Vi si teneva una mostra dal titolo ‘‘Ritratto della voce”, dove erano esposte fotografie di poeti e scrittori ripresi nell'atto del dire, inserite in una costellazione grafica di minuti, fitti segni cruciformi, un nastro, un flusso che sinuoso e ininterrotto muoveva e contornava le immagini; ed esse si offrivano, come fu detto, non tanto allo sguardo quanto all’ascolto, per cogliere in quel silenzio, da quei segni, gli elementi di una particolare comunicazione, quella che si svolge tra il poeta e le sue parole.
C’erano, tra le altre, le immagini di Edoardo Sanguineti (peraltro intervenuto quella sera con una lectio magistralis sul Ritratto nella letteratura, tenuta con quel suo inconfondibile tratto pacato), di Maria Corti, di Giuliano Gramigna, di Stefano Agosti.
E c’era lei, Anna Malfaiera, in una foto intensa, dalle dimensioni importanti. Era l’omaggio ad una donna e poetessa amata e stimata, il riconoscimento che la rivista letteraria Anterem, edita a Verona e organizzatrice della mostra, le tributava, facendone una autorevole testimone del loro mondo di scrittori e poeti, dopo averne già conosciuto e premiato, con la pubblicazione, l'ultima raccolta di poesie Il più considerevole (1993).
Ma soprattutto ci colpirono le calorose manifestazioni d’affetto e di considerazione rivolte alla nipote di Anna, ufficialmente invitata all’ inaugurazione della mostra.
Non c’era in realtà da stupirsi: semplicemente, in quell’autentico “bagno di vita”, era come se si avesse una percezione più piena di lei, donna e poetessa, nel contatto con chi l’aveva frequentata e ne aveva condiviso il fervore creativo e quei suo rovello esistenziale che in lei diventa cifra stilistica.
Ma noi sappiamo, comunque, che i testi letterari si staccano dall’autore, vivono di vita propria e da soli testimoniano di sé: è anche, e soprattutto, così che i poeti non muoiono. Due testi possono essere esemplari per riprendere contatto con Anna Malfaiera.
Imparare a vivere
non conosco una definizione credibile
evidente è l’esigenza della vita
ma non si sa che vuol dire
viverlo intensamente
si vive quanto occorre mai di più
il sorriso l’angoscia compresi
per giungere nel cuore degli affetti
e della memoria dentro la maturità
delle esperienze per giungere a dire
che ogni essere ha diritto a vivere
nel modo che crede ed è così clic si vive
un poco. Il passato è passato dissolto
nel lasciarsi vivere una volta sola.
(da Verso l'imperfetto, 1984)
Non ho mai saputo perché mi ostino a scrivere.
Determinata. Mai rinunciare correggermi
migliorare. Le mie energie si raccolgono
quasi prestabilite combinate unite opposte
disgiunte a modo loro. Mi premono. Nell'incastro
confermo e rafforzo una qualche certezza
che appena posta rifiuta di risolversi.
Amo la tregua dello scrivere non considero
le ragioni che lo provocano. Non ho veri
strumenti: Soppeso lo stupore che mi causano
le regole e i loro artifici. Stupore
che coinvolge il mio essere imprevista.
Una pratica che non so definire se di fede
o finzione. Pudore è farsene gioco.
Un equivoco l’indagare. Meglio non sostare
riflettere non presagire e intanto dire.
(da E intanto dire, 1991)
Sono poesie interrogative entrambe, una sull’evidente e insieme sfuggente ad ogni definizione “esigenza della vita”, l’altra sul fare poetico, sullo scrivere, presentato come una “tregua,” amata, ma in realtà vita essa stessa, una risorsa per muoversi rispetto alle ragioni e agli attacchi del vivere.
La critica è concorde nel riconoscere alla poesia di Anna Malfaiera i caratteri di un pensiero poetante, di una poesia mentale, dove “il verso lungo, ragionativo ,....non ospita il grido o l’esclamatività” (Mario Lunetta), dove “la coscienza macina il vissuto”, dove “come in un costante stato di meditazione, l’autrice analizza le infinite sfaccettature dei propri stati d'animo e ce ne dà un resoconto poetico e imparziale.
Al suo confronto, noi viviamo superficialmente” (Giulia Niccolai).
Se quella “qualche certezza” raggiunta attraverso la scrittura “rifiuta di risolversi”, questo non è altrettanto vero per noi lettori, che anzi possiamo” provare, sia pure momentaneamente, un senso di liberazione per l’analogia o il rispecchiamento dei nostri stessi dubbi e delle nostre afflizioni dissolti o pacificati nel bilanciamento matematico del suo pensiero”.
Considerazioni che andrebbero sviluppate in altra sede.
Fabriano non ha dimenticato Anna Malfaiera: porta il sio nome la Rassegna Nazionale di Poesia e Narrativa per la Scuola, le è stata recentemente intitolata la Scuola per l’infanzia dell’Istituto comprensivo Fernanda Imondi Romagnoli, su proposta del sindaco Roberto Sorci.
Ci si augura, per il futuro, che la nostra città torni alla riflessione sulla sua poesia, data, anche, l’esistenza di un ampio materiale inedito, attualmente oggetto di vaglio critico e di sistemazione.
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